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Vedere solo il problema è un limite superabile

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“Possibile che riesca a vedere solo il problema?”

Eppure capita a tutti (lo facevo anch’io!) di subirne il potere ipnotico: per un determinato lasso di tempo vedi solo ed esclusivamente lui: l’ostacolo.

Non importa quante persone ti abbiano detto che devi guardare oltre e che devi cercare la soluzione (lo sai benissimo!).

Non importa nemmeno quante citazioni puoi tirare fuori dal cilindro magico degli aforismi motivazionali.

I tuoi occhi cadono lì e lì rimangono.

Perché si tende a vedere solo il problema?

Vedere solo il problema è limitante. Bisogna allargare la visuale sui progressi già fatti e sui passi ancora da fare.
Invece di vedere solo il problema puoi spostare l’attenzione sui passi da fare oppure sui progressi raggiunti finora.

Perché un problema ha sempre una tangibilità che te lo ricorda continuamente.

È un qualcosa di astratto, ma con riflessi concreti che tocchi con mano, vedi, ascolti.

Un esempio pratico piuttosto comune: non avere abbastanza soldi. Lo vedi dall’estratto conto, nelle cifre scritte delle bollette, nei prezzi delle cose che vorresti acquistare. Lo senti nelle parole di chi ti chiede dei soldi o ti chi ti ricorda delle scadenze. Lo percepisci a livello corporeo nella preoccupazione che ti stringe la gola, nella qualità dei cibi che hai dovuto selezionare, nella cura del tuo corpo che potrebbe essere migliore.

Non ti basta? Vogliamo fare un esempio su una relazione insoddisfacente? Vedi il viso scontento dell’altro/a, ascolti le parole (o il silenzio), percepisci il modo in cui ti tocca (o non ti tocca).

È un po’ come essere accerchiati da mille campanelli d’allarme che suonano continuamente. Per cui, non mi stupisce affatto che l’attenzione cada sempre lì, sul problema, perché i segnali sono ovunque.

Hai voglia di dire al tuo cervello:

“non ci pensare, cerca le soluzioni!”

Lui mica è scemo! Registra continuamente gli input che gli arrivano da tutti i sensi, te li ammucchia uno sopra l’altro, dandoti la sensazione di una montagna insormontabile.

Creare un’altra montagna

Sai cosa mi ha risposto un mi coachee quando ho lanciato la proposta di “creare un’altra montagna“?

“Ma che cavolo dici, coach? Non ne basta una sola? Ne devo affrontare un’altra?”

“Eh, no… Questa la costruiamo sotto ai tuoi piedi!”

Il presupposto è piuttosto semplice, se ci pensi. Ma come dico sempre, il difficile è sapere come trovare la soluzione, non la soluzione in sé.

Comunque, in sostanza, dobbiamo battere il problema sul piano della tangibilità, rispondere ai campanelli d’allarme con altrettanti campanelli… Di successo, però.

Come far crescere la montagna dei progressi sotto ai tuoi piedi

Un metodo che sicuramente funziona è quello di tenere il diario dei progressi a portata di mano e aggiornarlo continuamente. Per chi ha bisogno di “vederli” può essere utile crearlo in forma visiva (foto? Grafici? Mappe mentali?). Oppure appunti vocali. O fare in modo di poterli toccare (Lego?). Oppure un mix di tutto questo.

Se ci pensi, è un po’ il concetto di Paperon De Paperoni che faceva il bagno nelle monete d’oro o del salvadanaio: sono dei modi per dare concretezza ai risultati che stai raccogliendo. Solo che nel tuo caso devi usare un po’ di creatività. E, in effetti, questa è la parte in cui da soli ci si arena.  Lo so e allora provo a farti un esempio.

Per tornare ai pochi soldi a cui accennavamo prima: le immagini del conto corrente che piano piano risale (magari in progressione una vicina all’altra), o l’elenco dei debiti depennati perché li hai man mano saldati, o il numero di clienti che acquisisci, … Per la relazione: foto di un sorriso, un messaggio conservato, un souvenir, …

In altre parole, quello che ti interessa è cominciare a fare collezione dei “segnali dei risultati” che stanno arrivando e sentirteli crescere sotto i piedi in modo da ridimensionare la montagna del problema che hai di fronte.

Perché in effetti, quasi sempre, la demotivazione scatta perché si dà poco valore ai piccoli risultati ed è sbagliato. A che serve impegnarsi se poi si sminuisce ciò che si ottiene, dicendosi che non si è fatto niente di eccezionale?

Smettere di vedere solo il problema concentrandosi sui passi da fare

Concentrarsi sulla collezione dei risultati è un altro modo per smettere di vedere solo il problema.

Ma qualcuno potrebbe obiettare:

“E se non ci sono? Se non sto ammucchiando risultati positivi di nessun tipo?”

In questo caso puoi spostare l’attenzione sui passi da fare o sul migliorare i passi che stai già facendo.

“Fare un passo è facile, ma non basta.

Se siete avanti solo di un passo, quando finalmente l’organizzazione avrà terminato di lavorare alla vostra idea sarà troppo tardi. Le grandi organizzazioni molto potenti si innamorano delle innovazioni che richiedono solo un passo. Credono che, una volta raggiunto il mercato, basti il loro potere per battere la concorrenza, e qualche volta hanno anche ragione.

Fare due passi è una bella tentazione. Fare due passi significa che, quando si propone un’idea, tutti hanno capito di che cosa si tratta. Significa riuscire a ottenere un finanziamento o l’approvazione di un’organizzazione visionaria. Ma, ancora una volta, non basta, perché la concorrenza è avanti di tre passi e batte chi ne ha fatti solo due.

Fare tre passi cambia le regole del gioco. Le organizzazioni consapevoli che per innovare bisogna compiere tre passi sono quelle che sanno creare la generazione successiva, le persone che abbattono le fondamenta su cui poggia l’organizzazione stessa.

Fare tre passi è difficile. È difficile convincere gli altri, ancor più difficile costruire qualcosa e quasi impossibile farsi capire dalla suocera (o dal capo), ma bisogna fare tre passi.”

[Tratto dal libro “Il ruggito della Mucca viola” di Seth Godin]

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